L'Uomo

martedì 19 marzo 2013

19 MARZO


Come ogni anno arriva questo maledetto giorno, il mio giorno della memoria, il giorno in cui il dolore di essere senza padre diventava uno schiaffo che faceva male; penso ancora ai miei amichetti di un tempo, tutti intenti a preparare la sopresa per il papà e io avevo solo la fantasia e tanto silenzio. Troppi lunedi non avevo nulla da raccontare di domeniche in campagna di grandi tavolate, di piccoli pensieri, avevo solo un grande tappetto dove la mia solutidine ha cominciato a mettere le radici. Passa il tempo ma il dolore è sempre lo stesso, lancinante da togliere il fiato e quest'anno ripropongo la poesia simbolo di questo mio dolore, la poesia in cui per la prima volta quattro anni fa ho cominciato a parlare di questo mio lato oscuro dell'anima, è da questa poesia che poi è nato tutto, ma quanta fatica nello scriverla, quanta fatica nel leggerla in pubblico, quanta fatica ogni volta a riviverla. No il tempo sbiadisce ma non cancella. Non resta che il silenzio di questi versi. Dedicato a mio fratello Giacomo a cui ho teso la mano ricevendo solo polvere, si è persa un occasione per chiudere il passato, dedicato a mia sorella Valentina che forse mai riuscirò a sfiorare.

Mi ricordo come se fosse adesso 
le vetrate assolate delle elementari 
questa data un giorno importante, 
tutti indaffarati, 
ed io ad immaginare un ipotetico papà. 
Le case vestite a festa, 
ed io chiuso nel silenzio assordante della mia cameretta. 
Ricordo le lacrime di nascosto all'uscita di scuola 
quando gli altri spesso avevano qualcuno cui andare incontro, 
ed io avevo solo la strada polverosa. 
Sono passati anni
ma il dolore è lo stesso 
per una carezza negata o un sorriso dimenticato 
sì anche adesso che ormai sono un uomo. 
Non mi consola una pietra bianca,
dove sfogare in silenzio il mio dolore, 
dove guardarti negli occhi in una foto sbiadita 
e trasmetterti tutto il male che mi hai fatto. 
Il mare da lontano porta un’onda che rapisce un sospiro. 
Guardami
sono diventato un uomo anche senza di te. 
Vorrei capire il senso di una scelta 
la ragione di un abbandono, 
io che a volte mi sento figlio di una scopata di fine estate, 
io che sono sempre stato solo, mia madre troppo impegnata al lavoro 
io cresciuto dalla vita con gli schiaffi e le gioie. 
Eppure ci sono, vivo, fremo, pulso.
Forse un sorriso non avrebbe mai fatto male. 
Almeno spero che da lassù o in qualsiasi altro posto dove tu sei 
almeno spero che per una volta mi penserai veglierai in silenzio sul mio cammino. 
E' troppo chiamarti padre 
forse io sono troppo figlio per esserlo.

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