L'Uomo

giovedì 11 luglio 2013

FIGLIO DI POLLINE

In fondo
sono figlio di polline
volato di  fiore in fiore,
portato dal vento d’ala delle api,
non di un un’atto d’amore.
Vivo contromano il mio tempo,
un po’ di trucco.
un sorriso una cetra,
un mattino qualsiasi
e canto e canto l’amore
che spesso ha latitato
sulle sponde del cuore.
Stasera,
mi ritrovo con il mio panama immaginario tra le mani,
solo nella notte più buia,
una coca e rum per i viandanti persi
urlo al barista di un bar di periferia,
la gola arsa dal malessere quotidiano. Barcollo sui sentieri delle emozioni perdute,
mi siedo a rinfrescarmi nella fontana baciata dalla luna,
non si accorge di me non legge i miei pensieri
e in fondo chi se ne frega stasera sono un cane rabbioso.
Ho sfiorato la tua ala,
inebriato dalla tua essenza di oriente,
ho liberato il cuore.
tu scontrosa ti sei ritratta
hai lasciato gli occhi
sul finestrino di un treno in corsa
quasi ad aspettare che la vita passasse.
Ora me lo riprendo,
con le sue rughe del tempo,
con le sue cicatrici,
questo cuore che ha imparato l'arte dell'onda,
sa riposare in silenzio quando non è tempo,
quando il fiume non arriva al mare,
sa essere tumultuoso quando il vento regala vita.
Me lo riprendo e lo faccio riposare,
mi farò la barba, cambierò abito,
ma poi sarò sempre lo stesso di sempre,
un maledetto sognatore.

Foto : 



Nessun commento:

Posta un commento