L'Uomo

venerdì 11 settembre 2015

19 MARZO


Ci sono poesie che tornano sempre ad accarezzarti il cuore, come la sofferenza per l'abbandono di un padre. 2009 per la prima volta parlai in pubblico di mio padre, pochi sapevano, pochi rimasero stupiti. 6 anni sono tanti, l'uomo più che il poeta ci ha lavorato sopra con pazienza, ha allentato le maglie di una sofferenza unica. La magia di una poesia sta nel fatto che puoi racchiuderci anche un dolore grande e sentirti bene, il dolore non scompare, ma l'onda della vita copre sapientemente giorno giorno. La ripropongo cosi come è nata, solo qualche posizionamento del verso, ma le parole saranno sempre le stesse. 




Mi ricordo come se fosse adesso
le vetrate assolate delle elementari
questa data, un giorno importante
tutti indaffarati ed io ad immaginare un ipotetico papà

Le case vestite a festa
ed io chiuso nel silenzio assordante della mia cameretta
ricordo le lacrime di nascosto all'uscita di scuola
quando gli altri spesso avevano qualcuno a cui andare incontro
ed io avevo solo la strada polverosa

Sono passati anni
ma il dolore e' lo stesso
per una carezza negata o un sorriso dimenticato
si anche adesso che ormai sono un uomo,
non mi consola una pietra bianca
dove sfogare in silenzio il mio dolore,
dove guardarti negli occhi
in una foto sbiadita 
e trasmetterti tutto il male che mi hai fatto.

Il mare da lontano porta un onda
che rapisce un sospiro
guardami chi sono,
sono diventato un uomo anche senza di te. 

Vorrei capire il senso di una scelta
la ragione di un abbondono,
io che a volte mi sento figlio di una scopata di fine estate
io che sono sempre stato solo
mia madre troppo impegnata al lavoro
io cresciuto dalla vita con gli schiaffi e le gioie

Eppure ci sono, 
vivo
fremo
pulso
forse un sorriso non avrebbe mai fatto male.

Almeno spero che da lassù
o in qualsiasi altro posto dove tu sei
almeno spero che per una volta mi penserai
e veglierai in silenzio sul mio cammino.

E' troppo chiamarti padre
forse io sono troppo figlio per esserlo.

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